In questo articolo illustreremo tutte le tecniche e i metodi attraverso i quali è possibile effettuare una valutazione di uno studio dentistico. Generalmente, soltanto il commercialista è competente nell’approntare una stima corretta dello studio, per cui è importante rivolgersi a tale figura.
Detto ciò, vanno fatte alcune considerazioni preliminari:
- vi sono vari metodi che si possono adottare per fare una stima dello studio dentistico,
- i risultati ottenuti da queste diverse metodologie sono spesso discordanti.
In ogni caso, una valutazione definitiva può essere ottenuta attraverso il confronto dei diversi metodi, ricavando una “valutazione media” fra i vari risultati ottenuti. Possiamo inoltre aumentare il valore di uno studio dentistico con specifiche attività di marketing.
Come si valuta uno studio dentistico?
Tra i metodi adottati per effettuare la valutazione di uno studio dentistico, troviamo:
- i metodi patrimoniali, che pongono l’attenzione sul valore economico dello studio dentistico, valore che deriva dal patrimonio reale, ovvero i beni di uno studio;
- i metodi finanziari o reddituali, che si focalizzano sulla capacità dello studio di produrre dei flussi di cassa positivi anche in prospettive future. Tale metodo si attua con dei criteri di valutazione basati sulla liquidità dell’investimento attualizzato a un tasso che garantisca un’adeguata remunerazione delle risorse impiegate. Tuttavia, il metodo finanziario o reddituale ha il limite di richiedere delle competenze troppo tecniche per poter essere svolto autonomamente dal dentista, e inoltre procura dei risultati molto soggettivi.
I limiti di tali metodi consistono nel fatto che nessuno dei due è in grado di fare una valutazione attendibile del “capitale umano” dello studio, che è costituito dal personale, dai titolari e dai collaboratori e che tuttavia ne rappresenta l’aspetto più importante.
Redditività di uno studio dentistico
Il MEF, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, ha reso noti alcuni dati economici e fiscali circa le strutture odontoiatriche italiane.
La crisi economica degli anni 2011 e 2012 ha profondamente segnato anche il settore odontoiatrico, determinando un forte cambiamento delle relative strutture, che si sono evolute di conseguenza.
Lo strumento dello Studio di Settore suddivide gli studi dentistici in tre tipologie:
- le persone fisiche, cioè gli studi monoprofessionali o i dentisti senza struttura, semplicemente in possesso della Partita IVA da libero professionista;
- le società di persone, delle quali fanno parte gli studi dentistici associati o anche i centri dentali con forma di società di persone (generalmente le Sas);
- le società di capitali ed enti, soprattutto i centri dentali in forma di Srl e SpA.
Nella suddetta classificazione non sono annoverati i regimi dei minimi, aventi compensi annui che non superano i 30.000 euro, né i soggetti di grandi dimensioni, aventi ricavi e compensi superiori ai 5.164.569 di euro, dei quali fanno parte le “catene odontoiatriche”, con varie cliniche diffuse su tutto il territorio.
Inoltre, lo Studio di Settore, secondo le elaborazioni del MEF, mette in rilievo e a confronto i seguenti dati:
- i valori della fatturazione annua – i cosiddetti compensi – per le singole tipologie di esercizio della professione, ovvero gli studi monoprofessionali, gli studi associati e i centri dentali;
- il reddito fiscale dichiarato dalle singole tipologie di strutture odontoiatriche;
- il numero totale e parziale di odontoiatri e strutture odontoiatriche diffusi sul territorio italiano.
Sempre volendo comparare le varie forme in cui viene organizzata l’attività odontoiatrica in base ai dati forniti dallo Studio di Settore, gli studi monoprofessionali e i liberi professionisti detengono una maggiore redditività percentuale (ovvero utile diviso fatturato), mentre gli studi associati hanno una redditività inferiore. Invece le tipologie con la più bassa redditività sono le strutture societarie, che siano in forma di Srl o di SpA.